Giro del Monte Bianco (Tour du Mont Blanc)
12.07.2011 11:08In tempi di crisi, si sa, si rivalutano le mete più vicine e a portata di mano. Adeguandomi a questa naturale verità ho preso lo zaino e con la mia ragazza son partito per il Giro del Monte Bianco (o come dicono quegli sciovinisti dei francesi per il Tour du Mont Blanc (TMB) che è tutta un'altra cosa....
Con il pullman da Milano, in circa 4 ore, arriviamo a Courmayeur e poi dalla frazione Villair superiore, raggiungiamo il Rifugio Bertone che data la sua posizione strategica offre una incredibile balconata su sua Maestà il Monte Bianco!
Per arrivare al Rifugio Bertone ci si impiegano circa 2 ore ma consiglio di evitare il sol leone perche è una scalinata ripida e mortale e in luglio ci si rischia di liquefare lungo la strada.
Come detto, il Rif. Bertone è bellissimo, per il panorama mozzafiato, per la casa (tutta di legno e “raccolta” che sembra la casa del nonno di Heidi), per la simpatia dei custodi (una vera rarità in Valle d’Aosta) e per i prati di fiori che lo circondano e per la polenta e camoscio e per almeno altri 100 motivi.
Non fosse stata la prima tappa avremmo dato ascolto al fanciullino dentro di noi che ci diceva di mollare ogni progetto e stare li per alcuni giorni a prendere il sole e giracchiare per i prati verdi e fare grandi mangiate.
Invece la mattina dopo , con uno zaino (il mio!!!) scandaloso: alto 3 metri e largo 2! ci muoviamo alla volta della Val Ferret, destinazione Rifugio Bonatti (il mitico Walter, uno dei pochi che ha sempre portato a casa la pellaccia). Dopo aver percorso un sentiero pianeggiante e molto in ombra (meglio perche qui il sole non scherza!) raggiungiamo il rifugio nel tardo pomeriggio.
Gran bel rifugio anche questo! Vista meno bella del Bertone ma atmosfera più “alpina”. Il simpatico cane dei custodi ci vieni incontro ma prima di tutto devo buttarmi nella fontana per bere e lavarmi un po’.
La sera all’interno del rifugio sembra di essere in Francia: nessun italiano tranne noi e i custodi. Tantissimi francesi, molti inglesi (o americani), qualche spagnolo. Babele!
Mi sembra di capire che li ritroveremo tutti domani verso il Gran Col Ferret in quanto tutti fanno il TMB.
Alcuni sono super organizzati e francamente fanno un po’ ridere con tute nere super aderenti (super tecniche?) , cibi liofilizzati (noi, con i nostri panoni di mortadella ci sentiamo un po’ “superati”), anche le bevande ci fanno scompisciare: solo Gatorade, mentre noi ci compriamo al rifugio una bella caraffa di vino che bissiamo. Capisco se fossimo in cima al Monte Bianco… ma qui… Non posso non pensare a quando questi andranno in cima al Bianco cosa faranno?
Si vestiranno da palombari e mangeranno solo pillole?
Comunque il mondo è bello perché vario e così dopo una abbondante colazione scendiamo (sigh!!! ebbene si, perdiamo un sacco di metri faticosamente guadagnati) fino in fondo valle a Arnouvaz) per risalire subito (francamente non ho capito perche non potevamo “stare alti” verso il Grand Col Ferret e evitare una bella faticaccia).
All’inizio della salita troviamo il Rifugio Elena, un bel rifugio servito da una agevole strada sterrata che consente a arditi ciclisti di raggiungerlo (è invece vietato alle macchine!).
La salita per il Gran Col Ferret è lunga e faticosa ma proprio quando stavo per alzare bandiere bianca, finalmente il sentiero si spiana e dopo una breve tratto in piano raggiungiamo il colle e ci affacciamo sulla Svizzera (Val Ferret svizzera).
Sappiamo che la discesa fino a Le Fouly è abbastanza lunga, c’è da percorrere tutta la Val Ferret svizzera, quindi ci sbrighiamo e vi arriviamo verso le 5 del pomeriggio.
Il giorno dopo raggiungiamo Champex (e questa volta prendiamo l’autobus perche siamo stanchi e NON siamo nati per soffrire!).
Champex è carina e turistica anche se forse un po’ troppo rispetto ai posti fin’ora visitati.
Non ci facciamo tentare dai localini notturni e andiamo a dormire presto (in campeggio) perché il giorno dopo ci aspetta una tappa impegnativa.
Partiamo presto (per noi anche le 9 sono "presto"), destinazione Le Peuty passando attraverso lil passo della Fenetre d’Arpette.
Il passo ci massacra, mentre salgo, sotto uno zaino inspiegabilmente sempre più grande malgrado lo stia ostentatamente svuotando prelevando cibo e acqua, mi riprometto 200 volte che l’anno prossimo, col fischio che tornerò in montagna, mare mare e ancora mare.
Ma quando finalmente siamo in cima la fatica passa in secondo piano che la soddisfazione e il panorama “la fan da padroni”.
La fatica inoltre, che si legge nelle facce di tutti i numerosi disperati che come noi hanno raggiunto questo benedetto passo, regala momenti di autentico cameratismo, per cui ci si scambia il cioccolato o la frutta con persone mai viste prima, e questo al di la di tutto, da (inutile negarlo) una piacevole sensazione.
La sera a Le Peuty siamo stremati e ci concediamo una ottima cenetta al ristorante (sempre della serie “NON siamo nati per soffrire”).
Da Le Peuty lasciamo la Svizzera e passiamo in Francia arrivando a Montroc con una tappa abbastanza tranquilla.
Il giorno seguente puntiamo al Rifugio de la Flagere passando dal lago Bianco. Questa tappa ci sfianca anche perché lungo il sentiero c’è poca acqua e alcuni tratti sono un po’ da vertigini!
Ma il rifugio è onestamente in una posizione fantastica e la fatica è pienamente compensata.
Animati da chissà quale spirito misterioso lasciamo il rifugio per la vetta, ebbene si: la vetta del Brevent, dove però siamo un po’ delusi perché è piena di buzzurri arrivati in funivia che ci fanno perdere ogni poesia.
Vabbè… la prendiamo anche noi in discesa fino a Chamonix dove ci godiamo delle meritatissime “vasche” lungo la sua strada pedonale! Ovviamente non ci risparmiano nel far conoscenza con il patrimonio enogastronomico dei cuginetti d'oltralpe.
Rimpinzati a dovere, prima di sera prendiamo l’autobus per Les Houches.
Al mattino (la stanchezza inizia a farsi sentire…) partiamo per Les Contamines Montjoies con la funivia che ci porta a Bellevue. Da qui puntiamo al Col de Tricot e qui resto folgorato dal ponte di corde e assi traballanti, stile Indiana Jones, che collega due rocce a precipizio.
Raggiunto il colle, il sentiero ci costringe a “discese ardite e risalite” che la canzone di Battisti è niente a confronto, ma finalmente giungiamo a destinazione: Les Contamines Montjoie.
Da qui, il giorno seguente raggiungiamo il Rifugio de la Croix du Bonhomme in una tappa medio difficile.
Ricordo che malgrado ci sia tanta gente l’atmosfera è buona, aiutata anche dalla scelta di risparmiare energia mangiando tutti al lume di candela che mi fa sentire come in una locanda medievale, quelle nella contea...
Ed eccoci arrivati all’ultimo giorno, quello tanto agognato, quello che in certi momenti ho pensato di anticipare spudoratamente, ma ora che è arrivato, mi spiace un po’.
Lasciamo il rifugio diretti al Col de la Seigne e al Rifugio Elisabetta (Italia). Da qui scendiamo lungo la Val Veny fino a Cormayeur dove il Pullman ci riporterà a Milano (35 gradi e umidità al 400%!!!).
Lo consiglio a chi soffre l'afa del mare di luglio a chi ama la montagna, a chi vuole risparmiare un po', non lo consiglio a chi basta mezzora di cammino per buttarsi a terra, a chi l'estate è mare mare e ancora mare, a chi o la doccia tutti i giorni o niente, insomma avete capito.
Gibba
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