2050. Il pianeta ha bisogno di te

04.01.2011 12:21

di Valentina di Cataldo

In diretta dal Science Museum di Londra, atterra anche a Milano, tra le varie tappe del tour internazionale che la vede protagonista in diversi Paesi del mondo, la mostra interattiva “2050. Il pianeta ha bisogno di te, che affronta i problemi e i dilemmi di una questione importante come la sostenibilità della vita, immaginandoli in proiezione, calati nella realtà di un ipotetico futuro prossimo: l’anno 2050, per l’appunto.

Futuro ed eco-sotenibilità
sono i due nodi principali di cui la mostra si occupa. Nell’Anno Mondiale della Biodiversità indetto dalle Nazioni Unite, la tematica appare davvero attuale. La sostenibilità della vita sul nostro pianeta è forse il problema più scottante con cui oggi ci troviamo a fare i conti.

 

Ormai appare evidente che le risorse tradizionali e i modi con cui siamo soliti sfruttare la Terra non funzionano più tanto bene o almeno non potranno essere utilizzati ancora troppo a lungo prima di esaurirsi. Già oggi, lo scenario generale che ci troviamo a contemplare non è per niente rincuorante. I fenomeni più visibili sono legati alle dinamiche demografiche, all’esaurimento graduale ma inesorabile delle riserve petrolifere (che servono ormai per quasi ogni aspetto della nostra sopravvivenza), alla disponibilità limitata di cibo e di acqua (da cui dipendiamo per vivere), al riscaldamento globale (che altera e distrugge molti ecosistemi e provoca l’estinzione di numerose specie animali e vegetali molto preziose). Insomma, non c’è di che stare allegri. Urgono soluzioni, ma soprattutto una nuova sensibilità, una consapevolezza più profonda e un’educazione più attenta ai problemi del mondo. (Per questo, la mostra si rivolge soprattutto ai più giovani, cioè agli effettivi abitanti del mondo di domani, ma ovviamente può essere utile anche agli adulti).

Si impone ormai in maniera obbligata una riflessione sul concetto di “sostenibilità” e di “sviluppo sostenibile. Uno sviluppo sostenibile è una linea di tendenza che si preoccupa (o almeno cerca di farlo) delle conseguenze e delle ripercussioni dannose che il progresso scientifico-tecnologico può avere sull’ambiente e sul Pianeta. Non si tratta per niente di rinunciare a vivere, a stare bene, a fare quello che si faceva prima, da persone normali.

Al contrario, bisogna elaborare delle strategie per cambiare le condizioni di vita e di consapevolezza, migliorando il senso di responsabilità del singolo e per riuscire a modificare, a partire da subito, tante piccole abitudini sbagliate o disattenzioni (innocue solo all’apparenza ma in realtà a lungo andare molto nocive) che ci accompagnano tutti i giorni. In questa maniera si riuscirebbe a evitare il disastro ecologico ma a garantire comunque il benessere delle persone.


Questa è, a grandi linee, l’idea che sta dietro alla mostra. Per affrontare il tema in maniera accattivante, gli organizzatori hanno scelto un modo innovativo e di ultima tendenza. 2050, infatti, è completamente interattiva. All’ingresso, insieme al depliant e al biglietto, viene consegnata una card per giocare. Il visitatore è accolto dalle quattro mascotte: personaggi di un videogame, che, attraverso uno schermo, introducono il percorso di visita e danno il benvenuto in quello che a momenti sembra proprio il futuristico mondo dei Pronipoti.

Lo spazio è suddiviso in cinque macro-sezioni che, con il supporto massiccio di strumenti virtuali interattivi, mettono l’accento su altrettanti aspetti fondamentali della vita: Mangiare, Bere, Divertirsi, Spostarsi, Abitare. Se si parte dalle esigenze fondamentali di un essere umano, sono questi gli ambiti davvero irrinunciabili, i veri e propri bisogni primari da soddisfare. E’ quindi su questi che si deve agire, se si vuole migliorare il mondo di domani.

Il primo focus, quello che riporta allo scenario più immediato e catastrofico, è sul problema delle risorse idriche. Lo sapevate che “su 100 gocce d’acqua sulla Terra: 97 sono troppo salate da bere, 2 sono imprigionate in ghiaccio o neve, 1 è acqua dolce”? Non ci sono commenti. E nemmeno servono, a quanto pare. Né si tratta di allarmismo o di fantascienza apocalittica. I numeri parlano e non lasciano dubbi. Esposto così, il problema assume un contorno decisamente realistico.

Per quanto riguarda il cibo, invece, ci si chiede: “Cosa mangerà per cena il mondo nel futuro?. A partire da un semplice legume, i giocatori sono invitati a seguirne le fasi di lavorazione e di trasformazione, dalla coltura iniziale fino alla trasformazione finale in cibo commestibile.

Le vie da seguire sono diverse, tutte percorribili, ognuna con i suoi aspetti positivi e inevitabili controindicazioni ed effetti collaterali. Tutte mettono di fronte alla scelta su quali percorsi e strategie seguire per ottenere il massimo vantaggio energetico senza escludere però il gusto, la semplicità di preparazione e di conservazione, l’apporto nutrizionale. Questioni basilari come il packaging e il chilometraggio dei cibi importati vengono toccate in maniera chiara e lineare. Allo stesso modo, il secondo gioco interattivo, una tavola rotonda allestita con tanto di piatti e apparecchiatura, finisce per mettere l’accento sul problema di una redistribuzione più equa delle risorse alimentari tra le diverse zone geografiche del globo. Dallo schermo centrale piovono gustose portate e bisogna cercare di prendere al volo dal vassoio centrale il cibo di cui si ha bisogno. Senza escludere il gusto, il gioco condanna però definitivamente la corsa all’arraffa-arraffa. La domanda che compare sul display alla fine è infatti: “Hai abbastanza cibo? E gli altri?”

Altri problemi sorgono nei campi (spesso connessi) del divertimento e dei trasporti. Nessuno vuole rinunciare al suo momento di svago e di benessere. Snacks, TV, vacanze, abbigliamento, telecomunicazioni, tempo libero, sono aspetti irrinunciabili della nostra vita sociale. Come recita l’insegna, però, il problema è “il vero costo del nostro divertimento. Tutti nella vita abbiamo bisogno di divertirci. Ma molte delle cose che facciamo, costruiamo o compriamo hanno un impatto sul pianeta”. Come far fronte a questo costo energetico e a questo inevitabile consumo di risorse?

Non mancano nemmeno le proposte per ipotetiche soluzioni (si trovano esposte in teche da museo come tanti prototipi eccentrici scaturiti dalla fantasia di scienziati pazzi e dovrebbero risolvere i problemi più urgenti), come ad esempio la “Life straw”, cannuccia portatile con incluso un depuratore di acqua contaminata non potabile, o la “Rete cattura-nebbia”, un vero e proprio telone in grado di bloccare e incanalare le preziosissime gocce di vapore acqueo presenti nel fenomeno atmosferico.

Per la sezione cibo, ci sono invenzioni vecchie come il mondo, ma riscoperte con nuova consapevolezza, come l’eco-frigorifero, fatto con due vasi e intercapedine di sabbia umida, per conservare i cibi senza bisogno di elettricità, oppure “Eglu. L’aia ecologica”, un box di plastica che può contenere fino a quattro galline e che permetterà a ogni nucleo familiare di allevare praticamente i propri polli (ovvero uova e carne per il sostentamento quotidiano) anche in appartamento. (Comodo no? Magari diventa una nuova moda…).

Per finire, l’ultima sezione, quella riservata all’abitare, propone progetti innovativi che cercano di sfruttare al meglio le tecnologie dei materiali per ottenere il massimo risultato in termini di comfort e di qualità della vita senza mai dimenticare l’obiettivo: minimo spreco energetico. Ognuno può scegliere la propria abitazione del futuro in base ai gusti e alle esigenze.

C’è H2PIA, città danese alimentata esclusivamente con l’idrogeno ricavato dal sale dell’acqua marina, utilizzato per mettere in moto un sistema di energie rinnovabili. Poi c’è M-CH, la casa micro-compatta, la cui pubblicità recita: “Vivresti in un cubo di tre metri per lato?”. A seguire, Masdar City, la città che galleggia, ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi, o la città-piramide di Tokyo, 2000 metri per 1.000.000 di abitanti. Oppure, se preferite qualcosa di più artistico, colorato e bohemienne, c’è il risultato di un progetto già realizzato a Londra sulle rive del Tamigi: vecchi container marittimi salvati dalla rottamazione, assemblati in maniera modulare e ristrutturati fino ad assumere una parvenza di appartamento. Compatto, semplice, spazioso ed espandibile (basta aggiungere container dove più vi aggrada). Vi suona ancora un po’ troppo estremo? Non avete tutti i torti.

Le idee sono piuttosto balzane, molte sembrano ingenue o un po’ campate in aria nei modi e nella progettazione, però di buono c’è che sensibilizzano il visitatore (soprattutto se giovanissimo) e lo invitano, con una serie di domande, di questioni, e con l’elenco sistematico di pro e contro, a formularsi un’opinione critica riguardo ai temi e ai problemi concreti che stiamo cominciando a vivere già nelle nostre esperienze di tutti i giorni e che molto presto, purtroppo, diventeranno davvero fondamentali per decidere le sorti del Pianeta.

Nel frattempo, finché abbiamo energia e risorse per fare funzionare i suoi computer e video games, potete ancora tranquillamente godervi la mostra. (Anche se, certo, rimane un’ultima, scomoda domanda: quanto sarà costata, in termini di emissioni inquinanti e di impatto ambientale, l’installazione?).

E per le idee strampalate, non preoccupatevi: avremo tempo fino al 2049 per farci l’abitudine.

 

2050. Il mondo ha bisogno di te.

Milano, Rotonda di via Besana, via E. Besana 12. Dal 9 novembre 2010 al 30 gennaio 2011. Da martedì a domenica: 9.30-19.30; lunedì: 14.30-19.30; giovedì: 9.30-22.30. Biglietti: intero €8, ridotto €6.50, scuole €4.50, famiglie €10. Info e prenotazioni: 02-43353522, servizi@civita.it. www.2050ilpianetahabisognodite.it

 

 

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